Latinismo da
mandra(m), a sua volta dal gr.
mándra (‘ovile, recinto per gli animali’), compare molto presto (sec. XII), con il signif. di ‘chiuso per il bestiame’, nel
Condaghe di S. Nicola di Trullas (DELI 2, s.v.
mandria). Il termine ricorre con il valore di ‘branco; moltitudine di animali della stessa specie’ (non solo pecore, ma anche vitelli, cervi, porci) in testi del sec. XIII che rivelano un’ampia e precoce distrib. geoling. (cfr. TLIO, s.v.
mandria 1). L’uso metaf. ha un significativo precedente nell’espressione
mandria del Signore negli
Stat. sen. del 1309-1310 (cfr.
ivi, 1.2). Dal commento di Ernesto Trucchi (1936) sappiamo inoltre che questo nome «si dava con onore [...] alle adunanze dei monaci» (
ad loc.). Nell’att. dantesca l’agg.
fortunata connota positivamente la
mandra delle anime dell’Antipurgatorio, destinate a salvarsi a differenza delle
gregge dei dannati di Inf. 14.19-20 («molte gregge / che piangean tutte assai miseramente»). Tale uso segna un’innovazione rispetto alla trad. class. spregiativa (cfr., in partic., lo
stupidum pecus virgiliano), proseguita dallo stesso Dante (Conv., I xi 10) e da Bartolomeo da San Concordio (av. 1347: DELI 2, s.v.
mandria). In chiave prospettica la
mandra fortunata degli scomunicati rimanda, per opp., alla
penosa mandra degli innamorati cantata dal Petrarca (RVF, CCVII 43).
Autore: Paolo Rondinelli.
Data redazione: 30.04.2021.
Data ultima revisione: 11.12.2021.