Vocabolario Dantesco
ambrosia s.f.
Commedia 1 (1 Purg.).
Commedia ambrosïa Purg. 24.150.
Vocabolo dotto dal lat. ambrosia, a sua volta derivato dal gr. ἀμβροσία. Già nel lat. ha due signif.: 'cibo degli dei' e 'pianta aromatica' (LEI s.v. ambrosia, 1, 590.31); anche nel Due e Trecento può indentificare diversi referenti, in dipendenza delle diverse interpretazioni del vocabolo nei testi classici (vd. TLIO s.v. ambrosia). Anche i commentatori danteschi, d’altronde, associano al vocabolo due diverse interpretazioni: il cibo degli dei e l'unguento di cui si cospargono (un riassunto della questione è in ED s.v. ambrosia). In Dante, il signif. di ‘unguento profumato’ piuttosto che di ‘cibo degli dei’ (come invece interpretano Chiavacci Leonardi e Inglese, ad l.) potrebbe modellarsi su due contesti virgiliani: Aen. I 403-4 «ambrosiaeque comae divinum vertice odorem / spiravere» e Georg. IV 415 «liquidum ambrosiae diffundit odorem». L'«orezza di ambrosia» diffusa dall'ala dell'angelo in Purg. 24 è comunque generic. una brezza profumata, un profumo soave che indica la presenza del divino, «la immateriale ma forte realtà dello spirito, che nella Scrittura è sempre presentato come un soffio di vento» (Chiavacci Leonardi ad l.).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 02.10.2019.
Data ultima revisione: 25.02.2020.
1 Unguento profumato di cui si cospargono gli dei.
[1] Purg. 24.150: E quale, annunziatrice de li albori, / l'aura di maggio movesi e olezza, / tutta impregnata da l'erba e da' fiori; / tal mi senti' un vento dar per mezza / la fronte, e ben senti' mover la piuma, / che fé sentir d'ambrosïa l'orezza.