Vocabolario Dantesco
ambra s.f.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia ambra Par. 29.25.
Dall'ar. 'anbar o 'ambar, già doc. nel lat. mediev. (DELI 2 s.v. ambra; Du Cange s.v. ambrum) e att. in volg. sin dalla fine del sec. XII (vd. TLIO s.v.). Nel poema ambra occorre un'unica volta come esempio, assieme a vetro (vd.) e cristallo (vd.), di corpo perfettamente trasparente, ossia capace, se attraversato da un fascio di luce, di risplendere interamente e istantaneamente (senza alcun «intervallo», v. 27). Per tale immagine dantesca, chiamata a rappresentare il triplice effetto dell'azione divina nella creazione, bisognerà evidentemente pensare a una qualità di ambra molto pregiata e, dunque, molto limpida. Nella trad. è att. anche la forma ambro (cod. Urb), normale nei volg. settentr. (cfr. anche Iacomo della Lana, ad l.: «uno raço sopravene ad un vetro o ad ambro o a cristallo»). Sullo sviluppo della var. masch., cfr. Salvioni, Giunte, p. 220.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 22.04.2020.
Data ultima revisione: 30.06.2020.
1 Resina fossile di conifere di colore dal rosso al giallo, trasparente, gen. usata per fabbricare monili.
[1] Par. 29.25: E come in vetro, in ambra o in cristallo / raggio resplende sì, che dal venire / a l'esser tutto non è intervallo, / così 'l triforme effetto del suo sire / ne l'esser suo raggiò insieme tutto...