Prima att.
Latinismo da
ambages (LEI s.v., 2, 540.1). Tolti i volgarizzamenti, il termine in it. antico è att. solo nei commenti danteschi e in
Boccaccio, Filostrato (cfr. TLIO s.v.
ambage e la doc. raccolta in Dotto,
Dal Veneto, pp. 329-331, dove si elencano anche i traducenti trecenteschi di
ambages desumibili dal
Corpus CLaVo). Già nel lat. classico
ambages era normalmente utilizzato al pl.; i suoi signif. principali erano ‘movimento in tondo, giro (anche in rif. al labirinto); cammino o viaggio errabondo’ e ‘giro di parole, discorso ambiguo e non chiaro’ (cfr. TLL s.v.
ambages, 1, 1883.50 e Ernout,
Le noms, p. 9). La prima accezione è quella utilizzata, anche se con uso traslato, da Dante per le
ambages di
De vulg. 1.10.2 (per le varie interpretazioni, cfr., da ultimo, Casagrande,
«Arturi regis ambages pulcerrime»). Il termine è registrato anche nei lessici mediolatini con i signif. (cfr. ivi, pp. 150-153): «verborum circuitus, obliquitates, incertum iter» (Papia), «dubia locutio» (Uguccione), «dubia locutio, verborum circuitus, sermonis perplexitas» (Brito). Il signif. di «dubia locutio» è prob. quello delle
ambage degli oracoli pagani di
Par. 17.31 (così lo intendono unanimi anche i primi commentatori), che, opposte alle
chiare parole profetiche di Cacciaguida, forse risentono anche di
Aen., VI, 99: «Cymaea Sibylla / horrendas canit ambages antroque remugit». L’espressione
per ambage, utilizzata anche da Boccaccio («se Calcàs per ambage e per errori / qui non ci mena»), sebbene non possa essere considerata una vera e propria locuz., trova corrispondenza nel lat.
per ambages (cfr. ad es.
Georg., II, 46: «non hic carmine ficto / atque per ambages et longa exorsa tenebo» o Luc.,
Phars., VII, 21: «sive per ambages solitas contraria visis / vaticinata quies»).
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 03.10.2018.
Data ultima revisione: 03.12.2018.