Att. solo nella
Commedia e nei commentatori. Il verbo, parasintetico su
futuro, fa parte del nutrito gruppo di
neologismi col pref.
in- utilizzato in modo «seriale» (Contini,
Un'idea, p. 200) nella terza cantica (per cui vd. ad es. almeno
imparadisare,
incielare e
indiare); in partic., è uno dei «verbi [[...]] riflessivi, o più esattamente medî, e cioè riferiti al soggetto, di cui perciò movimentano metaforicamente la descrizione ontologica, senza propriamente cadere nell'azione» (Contini,
Il canto XXVIII del Paradiso, p. 15; cfr. anche Viel,
«Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 455-456). L'unica occ. del verbo è a
Par. 17.98, nel discorso, di grande vigore espressivo, che costituisce la profezia di Cacciaguida. Rif., secondo alcuni commentatori, alla vita mortale del poeta (per cui vd. anche ED s.v.
infuturare), il verbo sembra riferirsi piuttosto al poema; quella vita che «s'infutura», che dunque si protende nei secoli futuri, non è la vita mortale di Dante, ma è la vita del poema: «Dante ha creato a sé stesso il verbo della sua immortalità di poeta» (Chiavacci Leonardi,
ad l.). Diverso è invece il valore semantico del verbo
insemprare (vd.), che essendo rif. alla gioia perfetta, continua e senza fine della condizione paradisiaca, ha il signif. di 'durare immutabile per sempre' e, dunque, 'eternarsi'.
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 01.02.2019.
Data ultima revisione: 11.12.2021.