Vocabolario Dantesco
impinguare v.
Commedia 3 (3 Par.).
Commedia impingua Par. 10.96, 11.25 (:), 11.139.
Prima att. Dal lat. crist. impinguare (DELI 2 s.v. impinguare). Il verbo è att. nel mediolatino come formazione parasintetica da pinguis (cfr. Cecchini, Uguccione, P 88, 1 e 4 e Du Cange s.v. impinguari). Oltre che nei commentatori, è ben documentato nel Trecento (cfr. Corpus OVI). Le tre att. dantesche sono tutte nella frase «u' ben s'impingua se non si vaneggia», pronunciata per la prima volta da san Tommaso in Par. 10.96, laddove, nel contesto di una metaf., spiega che nel cammino per cui san Domenico conduce ci si arricchisce spiritualmente solo se non si seguono i vani e ingannevoli beni mondani (cfr. Chiavacci Leonardi ad l.). Benché il passo Par. 11.137-139 sia assai dibattuto (vd. scheggiare), il verbo impinguare non presenta problemi interpretativi, come si evince dai commentatori a partire da Iacomo della Lana, il quale glossa «bene s'impingua, cioè bene s'ingrassa».
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 14.05.2019.
Data ultima revisione: 25.07.2019.
1 Pron. Diventare pingue; ingrassare (in contesto metaf.).
[1] Par. 10.96: Io fui de li agni de la santa greggia / che Domenico mena per cammino / u' ben s'impingua se non si vaneggia.
[2] Par. 11.25: Tu dubbi, e hai voler che si ricerna / in sì aperta e 'n sì distesa lingua / lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna, / ove dinanzi dissi: "U' ben s'impingua", / e là u' dissi: "Non nacque il secondo"; / e qui è uopo che ben si distingua. /
[3] Par. 11.139: in parte fia la tua voglia contenta, / perché vedrai la pianta onde si scheggia, / e vedra' il corrègger che argomenta / "U' ben s'impingua, se non si vaneggia"».