Vocabolario Dantesco
imbestiato agg.
Commedia 1 (1 Purg.).
Commedia 'mbestiate Purg. 26.87.
Att. solo nella Commedia e cit. nei commentatori. Si considera cit. dantesca anche l'occ. di imbestiato che si registra nell'Ottimo (ed. Salerno), a Inf. 12.11-15, in cui, con rif. al Minotauro e al racconto della sua nascita dall'accoppiamento di Pasifae con il toro sacro a Poseidone, si utilizza la stessa espressione utilizzata da Dante a Purg. 26.87: «questi [[Dedalo]] fece scorticare la vacca che 'l toro quivi amava, e fece una vacca di legno; copersela di quello cuoio e missevi dentro Fasife bocconi; sì che per questo ingano, menato il tauro dalla lussuria, amontòe questa inchiusa nelle imbestiate scheggie» (per un approfondimento su tale mito, vd. ED s.vv. MinotauroPasifae; per Inf. 12.11-15, vd. anche vacca). In tale espressione, si riscontra l'uso del part. di imbestiare in funzione di agg., riferito a scheggia (vd.) 'pezzo di legno' e in poliptoto con s'imbestiò (vd. imbestiare per altre osservazioni). Dal punto di vista semantico, imbestiato, dati il suo referente e il contesto, si distingue parzialmente dal cit. imbestiò, pur mantenendo un forte nesso con il radicale bestia (vd.): l'agg., infatti, piuttosto che indicare qualcosa che è stato 'reso simile' a una bestia, sembra descrivere in maniera estens. qualcosa che è stato concretamente 'lavorato' in forma di bestia, la «falsa vacca» di Inf. 12.13.
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 31.01.2020.
Data ultima revisione: 27.02.2020.
1 [Detto di un materiale:] lavorato in forma di bestia (nella fattispecie, una vacca) (estens.).
[1] Purg. 26.87: Nostro peccato fu ermafrodito; / ma perché non servammo umana legge, / seguendo come bestie l'appetito, / in obbrobrio di noi, per noi si legge, / quando partinci, il nome di colei / che s'imbestiò ne le 'mbestiate schegge.