Vocabolario Dantesco
forcatella s.f.
Commedia 1 (1 Purg.).
Commedia forcatella Purg. 4.20.
Prima att. Dimin. di forcata (cfr. GDLI s.v. forcata 1; diverso il signif. della parola in Inf. 14.108, cfr. TLIO s.v. forcata1). L’occ. spicca entro una delle «“aperture” agresti più belle del Purgatorio» (Purg. 4.19-21; cfr. Giorgio Petrocchi, L’attesa di Belacqua, «Lettere italiane», VI, 1954/3 [luglio-settembre], pp. 221-234, pp. 223-224), che visualizza «l’uom della villa» intento a proteggere dai ladruncoli l’uva, giunta a maturazione, chiudendo ogni minimo varco nella recinzione «con poche spine, quante ne può pigliare con una piccola forca» (Francesco da Butiad l.). Il dimin. accentua l’angustia del sentiero (la calla, v. 22) che Virgilio e Dante sono chiamati a salire (la ripidità è segnalata da un’altra similitudine, che segue ai vv. 25-27: vd. la nota a cacume) con rif. alla metaf. evangelica dell’«angusta porta» e dell’«arta via» che conducono alla vita (Mt. 7.13-14). Pratico, colloquiale e indissolubilmente legato all’ambito agreste (così come il più tecnico e quasi altrettanto raro corrispondente non alterato), il vocabolo mostra pochissime riprese nella trad. lett., ad es. Bartolomeo de’ Rossi – in contesto metaf. – e Federigo Tozzi (cfr. GDLI s.v.).
Autore: Paolo Rondinelli.
Data redazione: 27.09.2018.
Data ultima revisione: 30.07.2021.
1 [Agr.] Quantità modesta di qsa (ad es. spine) raccolta mediante un solo colpo di forca.
[1] Purg. 4.20: Maggiore aperta molte volte impruna / con una forcatella di sue spine / l'uom de la villa quando l'uva imbruna, / che non era la calla onde salìne / lo duca mio, e io appresso, soli...