Vocabolario Dantesco
felicitare v.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia felicitando Par. 13.30.
Par. 13.30: solicitando Mad.
Prima att. Dal lat. mediev. felicitare 'felicem reddere, beatificare', att. già in Alb. Magno, De natura et origine animae, 2.13: «animam post mortem in his felicitari» (cfr. MLW s.v. felicito, 4.117.20; Du Cange s.v. felicare; Cecchini, Uguccione, F 25, 2 «felico -as idest felicem facere, a quo felicito -as frequentativum»). Nel passo dantesco, il verbo è trans. 'rendere felice' con ogg. dir. , rif. agli spiriti beati che passano da un'occupazione a un'altra: il canto e la danza terminano nel medesimo istante per rivolgere attenzione al poeta (le due occupazioni «erano ugualmente atti di carità», Chiavacci Leonardi, ad l.). Già l'esegesi antica ha variamente interpretato il verbo, dando rilievo ora all'identicità della gioia vissuta dai beati impegnati negli esercizi di carità ora alla progressione della felicità che i beati provano. Benvenuto da Imola, ad l.: «quia feliciter fecerant motum et cantum, et ita feliciter cessaverunt ab utroque, sicut jam aliis vicibus fecerant». Francesco da Buti, ad l.: «Felicitando sè; cioè beatificando sè medesimo et accrescendo la sua beatitudine, di cura in cura; cioè di pensieri in pensieri: imperò che tutti erano pieni di carità perfetta; e per questo dà ad intendere che, finito lo cantare, seguitte lo silenzio; nel quale silenzio avea più profonde e perfette meditazioni che nel cantare, e così cresceva la beatitudine come cresceva la carità». Giovanni di Serravalle, ad l.: «felicitando se, scilicet congaudendo invicem in magna letitia». Anche i moderni oscillano tra 'sentirsi felice, allietarsi' e 'accrescere la felicità'. Il vocabolo felicitare 'rendere felice' ricorre poi in Jacopo Alighieri, Io son il capo, 1327 (cfr. TLIO s.v.). Il verbo è impiegato dal poeta anche nella forma del passivo lat. in Mon. 1.12.6, per esprimere la condizione di felicità celeste in rapporto a quella terrena: «per ipsum [[scil. donum]] hic felicitamur ut homines, per ipsum alibi felicitamur ut dii».
Varianti.  Il mediolatinismo non è inteso da Mad, che reca solicitando, lez. che, per quanto banalizzante, appare semanticamente plausibile per l'allusione all'esortazione degli stessi beati all'operosità (cfr. TLIO s.v. sollecitare, § 2.1).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 18.11.2020.
Data ultima revisione: 01.11.2021.
1 [Con oggetto diretto :] provare gioia, rallegrarsi.
[1] Par. 13.30: Compié 'l cantare e 'l volger sua misura; / e attesersi a noi quei santi lumi, / felicitando sé di cura in cura. ||  Var.: solicitando Mad.