Commedia |
fanciulla Purg. 16.86 (:), 17.34 (:). |
Il sost.
fanciulla, come anche
fanciullo (vd.), ricorre nella
Commedia esclusivamente nella seconda cantica. È usato con rif. a due momenti differenti della fanciullezza. Nel primo caso (signif.
1)
fanciulla indica una bambina di tenera età: nel discorso di Marco Lombardo sul libero arbitrio di
Purg. 16, l'anima «semplicetta» (v. 88) appena creata, che non ha alcuna capacità di discernimento del bene e del male, è paragonata a una fanciulla che «pargoleggia» (vd.
pargoleggiare). Questa fanciulla «innocente e ignara, che quasi sfugge dalle mani a colui che amorosamente la contempla (
la vagheggia) fin dall'eternità, ha l'indicibile freschezza e candore di ciò che nasce nel campo dello spirito, e insieme la rischiosa brama di autonomia e libertà, propria di chi è ignaro del pericolo» (Chiavacci Leonardi,
ad l.).
Fanciulla è qui in rima con
trastulla, verbo utilizzato con rif. ai bambini in tenera età anche a
Par. 15.123. Nella seconda occ.,
fanciulla indica invece una giovane donna: si tratta infatti di Lavinia, promessa prima al re dei rutuli Turno e poi data in sposa a Enea. In entrambe le accezioni,
fanciulla è ampiamente att. nel Due e Trecento (vd. TLIO s.v.
fanciulla).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 29.06.2018.
Data ultima revisione: 28.02.2022.