Vocabolario Dantesco
equivocare v.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia equivocando Par. 29.75.
Par. 29.75: e qui vocando Co Ga Gv La Lau Lo Pr Rb Ricc Tz, Egiuochando Po.
Prima att. Latinismo dal lat. tardo aequivocare (LEI s.v. aequivocus, 1, 1053.41; cfr. anche TLL s.v. aequivoco, 1, 1017.56), att. nel mediolatino sia con il signif. ampio 'dire in modo equivoco; intendere ambiguamente' (MLW s.v. aequivoco, 1.314.37-38) sia nell'accezione più ristretta (e originaria, in uso nella logica scolastica), 'chiamare con lo stesso nome' (MLW s.v., 1.314.48-49; Du Cange s.v. aequivocus 1; da «equivocus -a -um, quod una voce plura significat» Cecchini, Uguccione U 44, 3), da cui il signif., corrente nella teologia cristiana, 'usare in un senso equivoco, ma non con l'intento di ingannare' (per l'uso tomistico cfr. Tommaso, Lexicon, s.v. aequivoco). Con tale valore tecnico, il verbo occorre nel poema intrans. all'interno della polemica rivolta da Beatrice alle scuole filosofiche, con rif. agli stessi termini che denotano le facoltà umane, ossia intelletto, memoria e volontà («'ntende e si ricorda e vole», v. 72), estesi equivocamente alla natura angelica (cfr. Chiavacci Leonardi, ad l.; Inglese, ad l. Tra gli antichi, Benvenuto da Imola, ad l.: «equivocando, idest, aequivoce capiendo intelligere, memorare, et velle, quae aliter in angelis, aliter in hominibus se habent»). In questo senso, il verbo si rifà a Dante, Questio 25: «Diversitas rationis cum identitate nominis equivocationem faciat», cui forse si richiamano anche i primi commentatori, come Iacomo della Lana: «Equivocatio si è quando per un vocabulo se pò intender diverse cose»; Francesco da Buti: «pigliando lo vocabulo sotto varie significazioni: quando lo vocabulo è uno e le significazioni siano varie, allora è equivocazione». Nei testi successivi alla Commedia equivocare resta pressoché limitato all'ambito retorico (TLIO s.v.).
Varianti.  Il tecnicismo dantesco ha generato la lez. prob. erronea Egiuochando di Po: il verbo giocare è ben doc. nel Trecento (cfr. Corpus OVI) e in alcune opere di Dante, ma non nella Commedia. La segmentazione e [/ et] qui vocando è, invece, testimoniata da vari codd. (Petrocchi ad l. e I 305): una lez. che, per quanto banalizzante e poco coerente sintatticamente, può ricondursi al valore, altrimenti non att. nel poema, di vocare per 'definire qsa con un nome o altra espressione' (cfr. TLIO s.v. vocare), interpretando «che 'ntende e si ricorda e vole» di v. 72 come espressione definitoria della natura angelica nel Paradiso.
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 01.11.2021.
1 [Ret.] Usare in maniera errata le parole.
[1] Par. 29.75: Ma perché 'n terra per le vostre scole / si legge che l'angelica natura / è tal, che 'ntende e si ricorda e vole, / ancor dirò, perché tu veggi pura / la verità che là giù si confonde, / equivocando in sì fatta lettura. ||  Var.: Egiuochando Po, e qui vocando Co Ga Gv La Lau Lo Pr Rb Ricc Tz.