Commedia |
epa Inf. 30.102, 30.119 (:); epe Inf. 25.82 (:). |
Dal
lat. tardo
hepar 'fegato', a sua volta dal
gr. (DELI 2 s.v.
epa). Il termine è att. in volg. già nel
Tesoretto di Brunetto Latini nell'accezione di 'ventre' e con una evidente «funzione espressiva» (Librandi,
La didattica fondante di Brunetto Latini, p. 171): «ben è tenuto bacco / chi fa del corpo sacco / e mette tanto in epa / che talora ne crepa» (
Tesoretto, vv. 2835-2838, p. 273). La carica espressionistica dell'
epa di Brunetto resta immutata nell'uso dantesco, che ne recupera anche la rima
epa : crepa (a
Inf. 30.119-121). Nel poema il sost. occorre esclusivamente nella prima cantica, una volta al plur., con rif. al ventre dei ladri fior. Buoso e Puccio (
Inf. 25.82), e due volte al sing., con rif. alla pancia gonfia e tesa (vd.
croio) del falsario maestro Adamo (cfr.
Francesco da Buti,
ad l.: «epa si chiama il ventre» che quest'ultimo «aveva enfiato per idropisi»). Dopo Dante e fuori del circuito esegetico della
Commedia,
epa trova att. unicamente nella lingua letteraria e con la medesima valenza comico-realistica (vd.
TLIO e GDLI s.v.), perdendo così «la possibilità di sopravvivere come tecnicismo autonomo» (Librandi,
La didattica fondante di Brunetto Latini, p. 171).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 28.07.2021.
Data ultima revisione: 28.07.2021.