Commedia |
disonna Par. 26.70 (:). |
Prima att. Parasintetico da
sonno (vd.) semanticamente opposto ad
assonnare (vd., cfr. Di Pretoro,
Innovazioni lessicali, p. 12). Viel, «
Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 245, scarta l'ipotesi sostenuta da Parodi che considera
disonnare una forma dell'uso (cfr. Parodi,
Lingua, p. 266), ipotizzando piuttosto un
neologismo dantesco per l'assenza di att. nella doc. mediolatina e romanza. Il verbo, utilizzato con valore rifl. impers., si presenta col signif. propr. di 'svegliarsi dal sonno' nella descrizione del processo visivo che spiega, mediante l'immagine della luce intensa con cui ci si desta, il ritrovamento della vista da parte di Dante grazie allo sguardo risanatore di Beatrice (cfr. Pirovano,
Paradiso, canto XXVI, pp. 796-797). L'esegesi antica concorda nell'interpretazione del verbo (per es. Iacomo della Lana: «privatus a sonno», le Chiose del codice cassinese: «a somno excitatur», Benvenuto da Imola: «evigilatur ab aliquo»,
Francesco da Buti: «si sveglia l'omo che dorme»,
ad l.). Le poche occ. successive sono att., oltre che nei commentatori, in testi databili alla seconda metà del XIV sec. (cfr. TLIO s.v.
disonnare), in serie rimica (come in Dante, vv. 68 e 72) ora con
donna ora con
gonna o
disgonna (cfr. anche Viel, «
Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 245).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 18.11.2020.
Data ultima revisione: 22.07.2021.